6/29/2007

Il Comitât 482 in Consei Regjonâl

Martars ai 26 di Jugn il Comitât 482, adun cui rapresentants de ARLeF, di diviersis associazions, dai ents ricognossûts, de Universitât dal Friûl, e vie indenant, al è intervignût aes audizions de VI Comission permanente dal Consei Regjonâl, presentant une schirie di emendaments al Dissen di Leç regjonâl 257 sul furlan, prontât di une comission di esperts e po modificât une vore da la Zonte regjonâl. Ca sot o metìn il document che il Comitât al à consegnât in Consei.

Ai Consiglieri componenti la VI Commissione del Consiglio Regionale del Friuli Venezia Giulia

1. Il quadro legislativo esistente e la necessità di un rinnovamento
Le nostre considerazioni partono da un dato di fatto: il quadro normativo relativo alla tutela e promozione delle lingua friulana appare in questo momento apprezzabile, ma insufficiente a garantire una azione efficace. Tutto ciò è comprensibile se si pensa che la L.R. 15/96 ha in sostanza dieci anni di vita, è stata approvata in un momento in cui la legge statale di riferimento mancava ed è stata numerose volte rimaneggiata, in modo più o meno consistente. Successivamente la normativa statale ha riconosciuto al friulano in maniera ufficiale la qualifica di minoranza linguistica, in applicazione dell’art.6 della Costituzione italiana. Inoltre la riforma del Titolo V della Costituzione affida maggiori poteri alla Regione in un ambito che risulta essere nevralgico per qualsiasi azione di politica linguistica: quello della scuola.
Questo quadro, diventato in tempi brevi complesso, necessita dunque di un lavoro di coordinamento, razionalizzazione e miglioramento in vista di una applicazione coerente e chiara della normativa. Ciò, naturalmente, sia nella prospettiva di una legge cornice che venga a sostituire la L.R. 15/96, che in specifiche leggi di settore che declinino i contenuti generali in differenti ambiti di applicazione.

2. Le iniziative avviate in seno alla Regione
Condivisibile è apparsa perciò la preoccupazione, da parte dell’Amministrazione regionale e in particolare dell’Assessore Roberto Antonaz, di avviare un processo che vada nella direzione sopra delineata, come pure apprezzabile risulta l’apertura e la capacità di ascolto manifestatisi nella nomina di una Commissione di esperti con l’incarico di redigere delle linee guida e un articolato legislativo che attuino gli obiettivi della tutela in tutti i settori della società: dall'educazione scolastica ai mezzi di informazione, in sostituzione della L.R. 15/96.
In diverse occasioni si è inoltre dimostrato apprezzamento per il lavoro della Commissione Obiettivi Didattici, formata da rappresentanti di OLF, e poi ARLeF, Ufficio Scolastico Regionale e Università di Udine, la cui proposta di legge per un insegnamento plurilingue che consideri fondamentale anche la lingua friulana, è stata recentemente presentata da esponenti di forze politiche diverse presenti in Consiglio regionale.

3. Delle modifiche inopportune
Dopo aver approvato le linee guida e proprio prima di presentare il disegno di legge, in modo inopinato, la Giunta ha stravolto il testo presentato dalla Commissione di esperti e ne ha licenziato uno che appare, come diremo più avanti, gravemente carente sotto molti punti di vista. Ma a questo punto ci preme sottolineare la stravaganza per cui si nomina una commissione, composta da persone esperte in ambiti disciplinari e con orientamenti diversi, la si fa lavorare per alcuni mesi, si approvano le linee guida che poi serviranno come documento di indirizzo per l’articolato, e poi alla fine si entra in aperta contraddizione con l’iter precedente alterando gravemente il testo presentato.
Se si passa poi ad un'analisi del contenuto e del concreto funzionamento della “tutela”che questo disegno di legge prefigura si nota che non uno degli elementi di incertezza ora presenti viene risolto, anzi vengono moltiplicati, come se esistesse un disegno preciso: rendere impossibile qualsiasi politica linguistica.

4. Elementi critici

4.1. Sistema di delimitazione:
Mentre nel DDL per gli sloveni la Giunta, correttamente, ha reso pienamente operative tutte le delimitazioni fino ad oggi effettuate, non si capisce perché per il friulano si adotti un sistema diametralmente opposto e chiaramente orientato ad erodere l’ambito di tutela. Con un’aggravante, poiché l’ambito di tutela della lingua friulana è già stato definito formalmente ben 3 volte, senza che vi sia stata alcuna protesta: una prima con i Decreti del Presidente della Regione ai sensi della L.R. 15/96; una seconda con le delimitazioni effettuate dalle Province ai sensi della L. 482/99; una terza con una nuova ricognizione effettuata dalla Giunta regionale in applicazione del Regolamento attuativo della L. 482/99.
Ciò detto, l’impostazione del DDL è sia illogica che illegittima. Illogica perché se anche venisse modificato l’ambito di tutela regionale resterebbe in vigore quello statale, con tutti i diritti collegati. Illegittima poiché risulta in contrasto sia con i principi generali dell’ordinamento italiano, sia – soprattutto – con la L. 482/99 nella misura in cui non subordina la modifica alla verifica della tradizionale presenza della lingua friulana sul territorio considerato, aspetto che tutti e tre gli atti sopraccitati hanno vagliato.
Se il disegno di legge espresso dalla Giunta fosse approvato così com'è, la delimitazione territoriale sarebbe una specie di porta girevole, in cui periodicamente, e senza alcuna motivazione, a seconda del contesto politico, i diritti linguistici verrebbero tolti; in aperta contraddizione coi principi che governano la tutela di una minoranza, che in questo caso vedrebbe la possibilità di esercitare i suoi diritti in mano alla volontà … della maggioranza.

4.2. Usi pubblici:
Nel nostro ordinamento non è consentita la limitazione dell’esercizio del diritto di uso di una lingua minoritaria alle risorse disponibili presso gli enti pubblici. Ciò, oltre che contrario alla legge 482/99, è altresì in contrasto con la giurisprudenza consolidata della Corte costituzionale sul tema. Secondo la Consulta (Sentenze 28/82; 62/92; 15/96) lo status di “minoranza riconosciuta” comporta, automaticamente e come diretta applicazione dell’art. 6 della Costituzione, il diritto di usare la propria lingua madre e di ricevere nella stessa lingua anche le risposte nei rapporti con la Pubblica Amministrazione. La norma del DDL che pone delle limitazioni in tal senso è quindi palesemente incostituzionale.
Vero è che non si può addossare sugli enti locali i nuovi oneri derivanti dalla legislazione regionale. Pertanto sarà necessario che le risorse finanziarie siano garantite dalla Regione, in particolare mediante l’offerta di servizi linguistici comuni e la formazione del personale già in serivizio.
Se il testo rimanesse così com'è, non vi sarebbe concreta possibilità di vedere garantiti i propri diritti nei rapporti con la pubblica amministrazione, tuttalpiù un assai “democratico” permesso di chiederne il rispetto, ma solo se e qualora sia compatibile con le risorse disponibili. Con la possibilità concreta dunque di vederli applicati a discrezione o anche mai.

4.3. Scuola:
Così come proposte dalla Giunta regionale le norme sulla scuola risultano peggiorative rispetto alla legge 482/99 e non garantiscono la risoluzione dei problemi organizzativi legati all’insegnamento del friulano.
A tale proposito va ricordato che la L. 482/99 ha strutturato l’inserimento del friulano nelle scuole site in territorio friulanofono su due livelli. Il primo livello, contenuto nel primo comma dell’articolo 4, riguarda l’uso del friulano come lingua veicolare e prescrive che nelle scuole materne il friulano sia usato “per lo svolgimento delle attività educative”, e nelle scuole elementari e medie inferiori “come strumento di insegnamento”.
L’altro piano, stabilito dal secondo comma dell’art. 4, riguarda l’insegnamento del friulano come materia curricolare: in questo caso la norma prescrive che le singole scuole, nell’esercizio della propria autonomia, sono tenute a stabilire i modi, i tempi, i criteri di valutazione, le forme di impiego degli insegnanti e i metodi per garantire l’insegnamento della lingua friulana, anche sulla base delle richieste che i genitori fanno al momento della preiscrizione.
Riguardo all’applicazione di tale norma esistono i seguenti punti fermi: 1) anzitutto va notato che entrambe le disposizioni citate non prevedono, in capo alle scuole, delle mere “facoltà” di inserire attività a favore delle lingue di minoranza, ma dei veri e propri doveri di erogazione di un servizio pubblico; 2) le richieste presentate dai genitori al momento della preiscrizione non hanno carattere vincolante, infatti la norma prescrive che le scuole deliberino “anche sulla base delle richieste”. Le richieste dei genitori, pertanto, non potranno far venir meno l’obbligo per le singole scuole di garantire l’apprendimento del friulano, ma serviranno ad esse esclusivamente per orientarsi nella definizione delle modalità di svolgimento di tale insegnamento. A conferma di ciò va aggiunto che, per l’uso del friulano come lingua veicolare, non è prevista alcuna richiesta da parte dei genitori.
È necessario quindi che le norme regionali facilitino le scuole nell’applicazione della L. 482/99, anziché imporre nuove complicazioni e legittimare forme distorte di interpretazione della L. 482/99. È imprescindibile inoltre – come previsto per le scuole di lingua slovena – prevedere forme di coordinamento nella gestione dell’insegnamento in friulano. A tal fine si ritiene importante coinvolgere tutti gli organi competenti.
In pratica, le norme relative alla scuola, in cui c’era la possibilità di arricchire la proposta tenendo conto della testo innovativo della Commissione Obiettivi didattici, verrebbero invece rese ancor più aleatorie e problematiche con nessuna traccia di possibili sviluppi in senso plurilingue e nessuna conoscenza dei documenti del Consiglio d’Europa come ad es. il Quadro comune europeo di riferimento per le lingue.

4.4 ARLeF e politica linguistica:
Un capitolo a parte merita il trattamento riservato all’organismo di politica linguistica che già esiste, la ARLeF e che avrebbe la necessità di essere potenziato. Il modello ispiratore dichiarato dalla Giunta è quello gallese ed in effetti il numero dei cimrofoni è simile a quello dei friulanofoni: ora, in Galles esiste un organismo di politica linguistica che si chiama Bwrdd yr Iaith Gymraeg / Welsh Language Board nominato dal Parlamento gallese, a cui risponde ma da cui è pienamente autonomo, con una dotazione di personale che è di più di 70 dipendenti e a cui il governo destina quasi 20.000.000 (venti milioni) di Euro all’anno. Tutto questo depurato dagli altri finanziamenti a scuola, radio, televisione, cinema, musica e quant’altro, che hanno altre e cospicue risorse.
Bene, in contraddizione con lo sviluppo degli ultimi anni e con questo ipotetico modello gallese viene riproposto qualcosa di simile all’Osservatorio della Lingua e Cultura Friulane (sostituito poi dall’ARLeF), con funzioni ancora più ridotte: un semplice organismo consultivo. Chi gestirà allora la politica linguistica regionale? La Giunta che già nomina la maggioranza del Consiglio di Amministrazione dell’ARLeF.
Non vi è chi non veda l’assurdità di questo modello, sottoposto a tutte le oscillazioni del quadro politico; in luogo di un organismo composto da esperti in cui contano le conoscenze, e la politica di tutela e promozione costituisce una «funzione pubblica», non subordinata e comprimibile in base all’appartenenza a diversi schieramenti politici, si stabilisce invece che problematiche complesse di analisi, progettazione e controllo debbano essere decise da chi governa, anche in caso di assenza di informazioni, cultura e sensibilità in materia da parte di quest’ultimo.

4.5 Ulteriori elementi critici:
Se questo disegno di legge passasse, non sarebbe possibile finanziare corsi di lingua friulana in Università o istituzioni estere per studenti stranieri, domanda che si è già manifestata, e che ogni minoranza linguistica ha interesse a soddisfare (Ad esempio nella L.R. della Sardegna n. 26, del 15 ottobre 1997, Promozione e valorizzazione della cultura e della lingua della Sardegna).
Si depotenzierebbe inoltre la conquista più importante e significativa per l’avvio di una qualsiasi politica linguistica, riconosciuta dalla L.R. 15/96: la grafia ufficiale in tutti i suoi usi sociali.

5. Un segnale di arretramento, un'occasione
sprecata
Il quadro complessivo che questo DDL prospetta è dunque sconfortante; non di razionalizzazione si tratta, ma di accrescimento della confusione e di arretramento rispetto a una situazione, quella di una regione, il Friuli FVG, che veniva talvolta guardata con ammirazione all’interno dello stato italiano per la sua azione e i suoi risultati, ancorché insufficienti. Chè se proprio di razionalità si parla, l’unico elemento “razionale” che emerge da questo testo e ne pervade la lettera e lo spirito sembra essere quello della minimizzazione dell’importanza della questione, della sottrazione sistematica di diritti che rimangono un optional, di un ritorno indietro ai “bei tempi” in cui l’argomento della lingua friulana era una questione folclorica, legata alla perduta civiltà contadina, ed un parco giochi per alcuni intellettuali locali, non una questione di diritti.
Come infine appare implicita la preoccupazione di ridurre e comprimere le risorse destinate alla lingua friulana, sentite come “soldi sprecati”. Non riuscendo, in maniera miope, a vedere come le politiche di normalizzazione linguistica avviate nel mondo abbiano comportato importanti processi di innovazione, con la creazione di un consistente numero di posti di lavoro, in ambiti lavorativi con alto grado di conoscenza incorporata e di redditività, perfettamente trasferibili anche in attività non legate necessariamente alla lingua friulana.

6. E la specialità che fine fa?
E’ facilmente reperibile una fitta serie di dichiarazioni di esponenti politici regionali, fino ai massimi livelli, in cui si sostiene, del tutto correttamente, che la autonomia e specialità della Regione Friuli Venezia Giulia si fondano sulla presenza di minoranze linguistiche. Il fatto che in regione siano zonizzati centoventisei comuni in tutto o in parte appartenenti alla minoranza linguistica friulana costituisce un dato vistoso e dimostra che la autonomia e specialità del Friuli Venezia Giulia si fonda soprattutto sulla presenza della minoranza/maggioranza friulana. Questa presenza è dunque un argomento decisivo per l’esistenza stessa della Regione e non è concepibile che venga marginalizzato. Chi dunque indebolisce questo aspetto si pone direttamente nel campo degli avversari decisi di questa Regione e in modo implicito prepara il terreno per soluzioni che la portino a “fusioni” in ambiti più vasti.
Inoltre se la preoccupazione degli amministratori è quella di accrescere e mantenere la coesione sociale fra le diverse componenti della Regione questo DDL è percepibile come un momento in cui una sua, come abbiamo visto importante, componente viene messa in un angolo; e ciò non può che comportare una conseguente reazione.

7. Il coraggio di fare una scelta innovativa
La lingua friulana, oltre ad essere un patrimonio di tutti, può essere uno strumento importante per lo sviluppo economico della nostra terra ed uno strumento di innovazione, come ben dimostrano le esperienze di altre realtà minoritarie europee. La lingua friulana è una possibilità in più che questo territorio ha la fortuna di avere e che, inoltre, garantisce a questa Regione la sua autonomia e specialità.
Per sfruttare pienamente questa grande possibilità che abbiamo, questa grande ricchezza che ci rende davvero unici, dobbiamo avere il coraggio di attuare una vera politica linguistica per il friulano. Non possiamo permetterci di perdere questa opportunità. È, dunque, necessario: 1) aumentare e non ridurre la opportunità e le garanzie offerte dalla L.R. 15/96 e dalla L. 482/99; 2) mantenere il territorio di attuazione della legge già precedentemente stabilito; 3) garantire pienamente ai cittadini il diritto di utilizzare la propria lingua nei rapporti con le Amministrazioni Pubbliche; 4) rendere la lingua sempre più visibile sul territorio; 5) garantire ai bambini e ai ragazzi che frequentano le scuole friulane di apprendere e studiare nella lingua propria del Friuli; 6) fare in modo che la lingua friulana sia parte di un percorso educativo plurilingue, in grado di trasmettere a tutti il senso di appertenenza ad una realtà – quella europea – in cui il plurilinguismo è la regola, non l'eccezione; 7) sviluppare l'uso della lingua attraverso i mezzi di comunicazione di massa, ma con criteri seri di qualità; 8) proseguiree sviluppare l'uso della grafia ufficiale, base primaria di qualsiasi vera politica linguistica; 9) sviluppare una politica linguistica unitaria, svincolata da equilibri politici precari, attraverso il potenziamento dell'ARLeF.
Tutto ciò è possibile se si ripristina il testo originario della proposta di legge avanzata dal gruppo di lavoro appositamente incaricato dalla Giunta regionale e, per quanto riguarda la scuola, se si sostiene la proposta di legge predisposta dal COD dell'ARLeF e presentata da alcuni Consiglieri regionali appartenenti tanto alla maggioranza, quanto alla minoranza. Questo è quanto chiedono le realtà associative ed i cittadini che aderiscono al Comitât / Odbor / Komitat / Comitato 482.
Se così non fosseci troveremmo a fare un passo indietro rispetto a quanto fatto in questi anni, ma soprattutto rispetto all'Europa. C'è ancora tempo per fare la scelta giusta: basta avere il coraggio di intraprendere una strada davvero innovativa, basta non avere paura del futuro!

Comitât – Odbor – Komitat – Comitato 482

1 commento:

Christian Romanini ha detto...

Avîs pai cui che al volès partecipâ al Concors dal Cirf: la scjadince e je ai 2 di Lui.